Galleria Provinciale d'Arte Moderna e Contemporanea
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                               Altamura Francesco Saverio

Altamura, Francesco Saverio (Foggia, 1822 – Napoli, 1897), pittore, patriota. Figlio di Raffaele, ufficiale di Intendenza e di Sofia Perifano, sorella del dotto Casimiro, bibliotecario del Comune di Foggia, studiò presso i Padri Scolopi di Foggia, dove ebbe a maestro quel padre Borrelli inizialmente di spirito liberale che finì la sua carriera a Roma come precettore di Francesco II di Borbone. Seguendo gli spostamenti del padre, fu prima a Salerno e poi ad Avellino, dove conobbe “molti spiriti eletti”, tra cui il poeta e letterato Pietro Paolo Parzanese. Mandato a studiare medicina a Napoli, negli intervalli tra una lezione di chimica ed una di fisica trovava il tempo di andare presso il Regio Istituto di Belle Arti, dove conobbe i due studenti più eccellenti, Domenico Saldieri Morelli e Arminio Saponieri. I due, visti i disegni di Altamura, lo incoraggiarono a continuare. Tralasciò quindi gli studi di medicina per la pittura. Ma il suo spirito innovatore lo spingeva a guardare ben oltre le lezioni dell’Accademia. In particolare, non mancò di tenere contatti con gli artisti raggruppati nella cosiddetta Scuola di Posillipo, che privilegiava la pittura en plein air. Nel 1846, ancora studente, comincia ad avere qualche successo. Il conte d’Aquila, fratello di re Ferdinando, compra un suo quadro Il Cristo e la donna adultera e lo introduce a Corte. Il bozzetto di un quadro che Altamura propone al Re non convince tuttavia il sovrano, che trova irridente la scelta di un Papa come soggetto proprio nel momento in cui Pio IX veniva considerato alla stregua di un giacobino. Dopo l’incontro col Re comincia a dipingere La morte di un crociato, che nel motto scritto ai piedi della tela, Dio lo vuole, rivela fino in fondo il suo amore per l’Italia unita. Nel 1847 Altamura aveva infatti vinto con Morelli il concorso per il pensionato di Roma e nella Città Eterna era venuto in contatto, nel nome di Pio IX, con le speranze dei liberali e gli entusiasmi del popolo. Speranze ed entusiasmi che trasferì l’anno dopo a Napoli, dove era tornato, ponendosi alla testa della folla il fatidico 15 maggio del 1848. Arrestato, ebbe come compagni di prigione Carlo Poerio e Mariano D’Ayala. La madre ottenne dal Conte d’Aquila un salvacondotto ed Altamura fu costretto all’esilio. Toccò prima l’Abruzzo, poi la Toscana e Genova. La permanenza in Abruzzo fu causa della condanna a morte in contumacia pronunciata il 1° ottobre 1953 dalla Gran Corte Speciale di 2° Abruzzo Ultra. Intanto, dal 1850 si era stabilito a Firenze. Il primo lavoro realizzato a Firenze aveva per titolo Il primo passo dell’esule. Ma, come egli stesso ricorda nella sua autobiografia, non poteva rimanere sordo agli echi medievali che gli sussurravano la cronaca e i monumenti fiorentini. Nascono così i bozzetti per la  trilogia del Buondelmonte: la Tradita, Le Nozze, i Funerali. Oggi il dipinto I funerali di Buondelmonte, completato nel 1860, si trova a Roma alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Nel 1952 sposa la pittrice greca Elena Bucuri, che gli dà tre figli. Nel 1855 si reca a Parigi con Serafino De Tivoli per visitare l’Esposizione Universale, ma rimane soprattutto impressionato dal Pavillon du realisme allestito da Courbet. Al suo ritorno a Firenze parla con entusiasmo con gli amici artisti del caffè Michelangelo del rinnovamento pittorico propugnato dalla scuola di Barbizon. E senza dubbio i suoi discorsi sul ton gris contribuirono in maniera determinante a far lievitare il movimento dei macchiaioli, anche se proprio nella pittura di Altamura non si rilevano profonde influenze dei pittori francesi dell’Ottocento con i quali aveva avuto dimestichezza. Egli era convinto, col Morelli, che bisognasse rappresentare “figure e cose non viste, ma immaginate e vere a un tempo”. Di qui la predilezione per i soggetti storici, che gli consentivano anche di attualizzare la situazione italiana e l’aspirazione alla unificazione dell’Italia. Una concezione, cioè, non puramente esortativa o supinamente descrittiva ma, secondo Bruno Molajoli, “espressione del senso di attualità della storia come patrimonio di idee e di sentimenti che occorre ravvivare e sentire nuovamente veri, perché rivissuti nell’esperienza attuale dell’artista”. E’ forse lo stesso Altamura a sintetizzare bene la sua arte: egli cercò di conciliare “lo stile dei moderni e il sermon prisco”.Nel 1957 la moglie, conscia della relazione che Altamura aveva stretto con la pittrice inglese Jaine Bekam Hay, allieva di Ruskin, lo abbandona e torna in Grecia con due dei suoi figli. Mentre dipingeva, a Firenze, Altamura seguiva con trepida partecipazione anche gli avvenimenti politici che incalzavano verso l’Unità del Paese: il 7 settembre 1860 Giuseppe Garibaldi entra a Napoli e nella carrozza dell’Eroe dei Due Mondi vi è anche Altamura, che viene eletto nel Decurionato della città. In questo periodo realizza molte opere, tra cui un ritratto di Garibaldi. Dopo un anno, dà le dimissioni dal Decurionato e torna a Firenze, dove il suo capolavoro, Il trionfo di Mario sui Cimbri, aspettava di essere finito. Nel 1859 il bozzetto presentato da Altamura aveva vinto infatti il concorso indetto da Bettino Ricasoli, appena eletto Governatore provvisorio della Toscana, “per associare l’arte ad intendimenti civili”. I temi assegnati erano appunto Mario vincitore dei Cimbri e Federico Barbarossa sconfitto a Legnano. Nel 1867 il lavoro può dirsi finito. Ma Altamura s’accinge a ripetere lo stesso tema, cambiando l’impostazione formale. La redazione definitiva si trova al Museo di Capodimonte, mentre due studi ad olio su tela, di minori dimensioni, si trovano rispettivamente presso il Museo civico di Foggia e la Pinacoteca Provinciale di Bari. Nel 1867 Altamura torna comunque definitivamente a Napoli. E non fu certo un ritorno felice, perché vi incontra difficoltà di ogni genere, tanto che spesso si domandava “E’ questa l’Italia sognata?”. Nel 1868, mentre dipingeva tra le rovine di Paestum, viene colto da febbre perniciosa, per cui viene ricoverato per qualche tempo in una clinica per seri disturbi psichici. Nel 1877 dipinge la Monacazione di Maria Spinelli, presentata all’Esposizione nazionale di Napoli di quell’anno, i cui disegni preparatori sono esposti nella Galleria Provinciale d’Arte Moderna di Foggia. Nel 1878 dipinge un quadro di chiara impronta verista, L’infortunio sul lavoro. L’impostazione accademica è ormai lontana, ed Altamura sembra ricordare la lezione di Courbet, conosciuto a Parigi. Col tempo il suo temperamento impulsivo cominciò ad attenuarsi. Preferiva il quieto vivere e di rado dipingeva. Gli ultimi anni li dedicò a dipinti di natura religiosa: nel 1893 realizzò infatti una Sacra famiglia per l’Educandato provinciale delle Suore Marcelline a Lecce e una Pietà per la Cappella sepolcrale dei signori Frassaniti a Squinzano. Ma, come annotò Francesco Jerace, la sua produzione era ormai “meno vibrante di espressione e di bellezza” rispetto alle opere del periodo fiorentino. La “committenza” salentina fu comunque anche l’occasione per l’Artista per rivedere un’ultima volta la sua Puglia e la sua amata Foggia.  Morì il 6 gennaio 1897 a Napoli, nel Palazzo Ciccarella a Pizzofalcone e fu tumulato nel sepolcreto dei professori di Belle Arti al Cimitero monumentale di Poggioreale. L’epigrafe tombale fu dettata da Gabriele d’Annunzio: “Saverio Altamura/nobilmente visse/ d’amor patrio e d’arte/ Dalla suprema sentenza/ de’ Borboni colpito/ esule trasse/ in Toscana gentile/ ove conforto chiese ed ottenne e la gloria”. La Città natale lo onorò di un bronzo, oggi scomparso, modellato da Achille D’Orsi. Nel Museo civico di Foggia vi si conserva l’originale in terracotta. Numerosi dipinti e disegni del Maestro furono acquisiti dalla Città natale nel 1928 per la formazione della Pinacoteca civica. La Galleria Provinciale d’Arte Moderna di Foggia espone due disegni, studi in preparazione del dipinto La monacazione di Maria Spinelli. Un’ampia narrazione delle vicende personali, artistiche e politiche di Saverio Altamura e della sua concezione dell’arte, può leggersi nella sua autobiografia, “Vita ed Arte”, che arriva fino al 1895. I manoscritti si trovano presso la Biblioteca Provinciale di Foggia.(G.Cris.)


Bibliografia essenziale

Foggia a Saverio Altamura, Supplemento di “L’evoluzione” , Foggia, 1901
C.Villano, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani, 1904, ad vocem
F.Jerace, Saverio Altamura. Cenni biografici, Napoli, 1917
F.Gentile, Profili di artisti, Foggia, 1922 p.49 s.
C.Lorenzetti, Francesco Saverio Altamura, in Japigia, Bari, A.VIII (1937), p.178 s.
M.Chiarini, Saverio Altamura, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, 1960, vol.II, ad vocem.
Saverio Altamura, pittore-patriota foggiano nell’autobiografia, nella critica e nei documenti, a cura di Mario Simone, prefazione di Bruno Molajoli, Foggia, 1965
M.C.Stella, Francesco Saverio Altamura, Foggia, 1983

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