Anche la Sala n.11 ( già stalla del
Presidente della Dogana, con 12 poste, poi Tesoreria e infine Sala
cataloghi e consultazione della Biblioteca Provinciale) accoglie
dipinti e sculture di artisti che sono nati o hanno operato o
continuano ad operare in Capitanata. Le presenze sono limitate a poche
figure. Tutte però estremo interesse. A partire da quel genio dei
comics che è stato l’artista sanseverese Andrea Pazienza(San Benedetto
del Tronto, 1956 – Montepulciano, 1988), figura di culto delle giovani
generazioni degli ultimi decenni del Novecento, disegnatore di fumetti
di eccezionale incisività, autore di Penthotal e di personaggi come
Zanardi, che ha rappresentato, sulle maggiori riviste alternative
degli anni Settanta e Ottanta, da “Alter”, a “Frigidaire” a
“Cannibale” a “Il Male”, la rabbia, la protesta, le aspirazioni e le
contraddizioni del mondo giovanile. In questa sala sono esposte tre
Tavole originali di Andrea Pazienza.
Esigenze di spazio non hanno consentito ancora
di esporre tutta una produzione importante di artisti della Capitanata
che nel tempo la Provincia ha acquisito e che documentano l’impatto
delle nuove ricerche estetiche sugli artisti di area foggiana. In
particolare gli anni Sessanta sono stati fondamentali per la cultura
visiva in Capitanata, perché all’Istituto Statale d’arte si aggiunse
l’Accademia di BB.AA.. Negli anni successivi anche altre realtà
associative danno il loro contributo, come il Coordinamento delle
arti visive e il Laboratorio artivisive e una delle sezioni nuove che
la Galleria dovrà allestire, con l’ampliamento degli spazi e
l’aggiornamento della propria dotazione, sarà proprio quella relativa
all’esperienza del Laboratorio artivisive di Foggia, che ha segnato
oltre vent’anni di attività artistica nella nostra provincia.
Per ora sono ordinate qui, accanto a quelle di
Pazienza, opere di Scarpiello, Saggese, Capone, Urbano, Damato,
Liberatore, Albanese, Accarrino, Di Pillo, Marrocco, Foglio, Norcia,
Gerardi. Vediamole, partendo da Lorenzo Scarpiello (Anzano di
Puglia,Foggia,1920 – Rignano Garganico,1986), una singolare figura di
pittore che scoprì negli anni della maturità la sua vena artistica,
stimolato dalla frequentazione dei giovani intellettuali foggiani che
avevano dato vita al Teatro Club. L’opera di Lorenzo Scarpiello
attende ancora una sistemazione critica. Mentre era in vita suscitò
gli interessi di critici e di studiosi di estetica del calibro di
E.F.Accrocca e di F.Fanizza. Di Scarpiello è esposta una delle opere
più significative tra quelle possedute dalla Galleria, Pioggia, del
1971 un dipinto dalla cromìa cilestrina, dove l’invenzione arriva al
limite dell’atmosfera surreale, caricata però di toni ironici e
critici. E’ il particolare apporto di Scarpiello al superamento della
tradizione figurativa. Altra presenza è quella di Michele Saggese
(Santa Maria C.V.,Caserta, 1925 – Foggia, 1999) con Tossicodipendenti.
Saggese, foggiano d’adozione, pittore, disegnatore, caricaturista e
incisore, si definiva un “realista sociale”. E pochi come lui hanno
indagato a fondo, con indignazione e a volte con ironia, ma sempre
“con moduli espressivi svincolati da ogni genere e tipo di imitazione”
(Salvatore Ciccone),fin nei gesti quotidiani, i limiti e l’angoscia
della condizione umana. Altro artista presente con un’opera è Ubaldo
Urbano (Foggia,1941). Di Urbano la Galleria possiede una notevole
quantità di dipinti, vincolata dall’artista a rimanere come corpus
unico, che è in attesa di idonea sistemazione. Urbano, ha scritto di
recente Vittorio Sgarbi, “proviene da una salda coscienza della
figurazione italiana di questo secolo, una coscienza che risale senza
esitazioni all’esempio di Felice Casorati, alla temperie di Valori
Plastici, a tutte quelle esperienze di primo Novecento che hanno
cercato di coniugare il concetto di classicismo con quello di
modernità”. Se Scarpiello, Saggese e Urbano si muovono pur sempre
all’interno della figurazione, tra gli anni Sessanta e Settanta ci
sono altri artisti a Foggia, che avranno poi importanti incarichi
didattici e dirigenziali nelle Accademie di BB.AA., che si muovono su
versanti più moderni, tra astrazione, nuova figurazione,
concettualismo e pittura materica. Si tratta di Vito Capone (Roma,
1935), Dario Damato(Barletta,1937 ),Gerardo Gerardi(Foggia, 1942),
Nicola Liberatore (S.Marco in L., 1949,) Giovanni Albanese (Bari,
1955). Sono presenti ciascuno con una o più opere significative del
loro itinerario artistico. Vito Capone, il Capone degli achrome o lo
scultore dei libri d’artista, di cui un ciclo si può ammirare nel
Salone del Tribunale della Dogana, si riscopre, con le due sue
Composizione con figura (anni Settanta) un pittore dal colore intenso
che si muove tra astrattismo geometrico e defigurazione; Dario Damato,
con Scritture, si rivela anche scultore di superfici bronzee cariche
di segni di densità esoterica che preludono alle successive esperienze
verbovisive; Nicola Liberatore, con un’opera dei primi anni Ottanta
Senza titolo segnala in embrione quelli che saranno gli sviluppi
della sua arte, dove la “materia diventa immagine satura di esistenza,
di sovrapposizioni, di gestualità” (M.Casamassima) e di sacralità;
Giovanni Albanese, pittore, scultore, scenografo e regista, insignito
nel 2002 del Premio Pascali per la sua avanzata ricerca linguistica, è
presente con un’opera del 1984, Colle Oppio, evocativa di situazioni
drammatiche, alla Munch, esposta proprio - nella stessa sala - nella
personale che l’artista foggiano tenne quell’anno nella Galleria
Provinciale d’Arte d’Arte Moderna; Matteo Accarrino (Monte S.Angelo,
1943), pittore, incisore e scultore, animatore del Laboratorio
Artivisive di Foggia, presente con un’opera “storica”, dei primi anni
Ottanta, una grande tela dipinta ad olio, in cui il segno non è solo
rappresentato, ma è anche reso tangibile dal ritmo geometrico-modulare
di trapunture di spago di diverso spessore.
Nelle nicchie ungulate della sala sono esposte anche, accanto a quella
di Damato, un’altra opera, più recente, di Gerardo Gerardi (un’antica
tegola piatta su cui l’artista ha evocato con la sua pigmentazione di
sogno i segni dell’antica civiltà daunia), e opere scultoree di
Antonio Di Pillo, Rosario Marrocco, Domenico Norcia, Silvano Foglio.
Degli anni Cinquanta è il bronzeo Ritratto di giovane donna pugliese
(1958?) di Antonio Di Pillo (Pratola Peligna, L’Aquila, 1909 –
Trinitapoli, Foggia, 1991), scultore abruzzese trapiantato in
Capitanata, presente in molte Quadriennali romane, che nelle donne del
Tavoliere ha trovato una tipologia femminile mediterranea che gli ha
consentito di addolcire la suggestione stilistica arcaicizzante di cui
era intrisa tanta arte del suo tempo. Moderno ed essenziale, quanto
tragico, è il tronco d’albero in bronzo di Rosario Marrocco, docente
presso l’Istituto d’Arte di Foggia, morto giovanissimo alla fine degli
anni Settanta. Domenico Norcia (Panni,1938) è presente a sua volta con
un lavoro di estrema attualità, “OGM”, in cui l’inserzione di elementi
metallici in un levigato uovo ligneo, denuncia, con un linguaggio
moderno i rischi delle contaminazioni cui la perfezione del Creato
(l’Uovo primordiale)è sottoposta dagli apprendisti stregoni. Altro
scultore foggiano presente in questa sala è Silvano Foglio(Foggia,
1945), di cui si ricorda il bassorilievo a Giuseppe Di Vittorio che
orna l’ingresso della Biblioteca Provinciale di Foggia, la cui opera è
qui documentata da un lavoro in terracotta patinata, Figure sospese,
forme umane stilizzate che si librano nell’aria. Con qualche saggio,
presente in questa sala, del superamento del concetto tradizionale di
pittura e scultura, si chiude la visita alle esposizioni permanenti
del Piano terra di Palazzo Dogana.
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