Galleria Provinciale d' Arte Moderna e Contemporanea
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Sala V ~ Artisti Dauni del Primo Novecento
Alfredo Petrucci, Salvatore Postiglione, Luigi Schingo

La sala n.5 si apre nel nome di Petrucci, un altro degli artisti “non provinciali” della provincia di Foggia, al pari di Altamura, Caldara, Pollice. E’ la prima delle due sale dedicate agli artisti dauni attivi soprattutto nella prima metà del Novecento di cui la Provincia conserva opere. Si tratta di due sale ricche di opere di grande interesse estetico e storico che non a caso si aprono con Alfredo Petrucci. Alfredo Petrucci (San Nicandro Garganico, 1888 – Roma, 1969) fu infatti per molti degli artisti presenti in queste due sale il mentore e lo studioso che cercò di affrancarli dalla generica etichetta di “napoletani” per affermarne invece la specificità e genuinità. Lo fece organizzando a Roma, a Palazzo Salviati, nel 1924, la I mostra di artisti pugliesi. Tra gli artisti partecipanti vi erano Luigi Schingo, che disegnò il manifesto della mostra, e Francesco Galante. Lo stesso Petrucci, che già aveva partecipato a Foggia nel 1922 alla Prima mostra provinciale di belle arti e arte applicata, come “disegnatore” (e un suo disegno di quegli anni , Torre costiera sul Gargano, è nella Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma), partecipò alla rassegna romana con due acqueforti che ne esaltarono il talento di incisore: Beethoven e Leopardi. Queste due acqueforti, autografe, donate alla Biblioteca provinciale di Foggia dalla famiglia di Alfredo Petrucci nel 1977, insieme a molti disegni che hanno corredato le sue opere a stampa più famose, da Cattedrali di Puglia alla postuma Pernix Apuliae,è possibile ora ammirare in questa sala. “Rivivono nelle sue carte e nei suoi rami – ha scritto Cristanziano Serricchio, attento studioso  di Alfredo Petrucci – i più suggestivi, sereni e severi aspetti delle vecchie città d’Italia, con le loro strade strette e aggrondate, le loro fughe di archetti, le loro torri irte di merli”. Le vecchie città d’Italia sono le città che percorse come funzionario delle Belle arti, da Cagliari ad Ancona a Siena a Bari, prima di approdare a Roma dove, successivamente, arriva a ricoprire la carica di direttore del Gabinetto Nazionale delle Stampe. Racconta sempre Serricchio che nella sua casa romana alle pendici del Gianicolo, Petrucci conservava il ricordo della sua terra, della natìa Puglia, con due dipinti, uno del salentino Vincenzo Ciardo e l’altro, un pastello, del sanseverese Luigi Schingo (San Severo, 1891 ~ 1976).
In questa sala, Petrucci ritrova Schingo. Come Petrucci, anche Schingo aveva studiato a Napoli. E se Petrucci aveva ammirato soprattutto la pittura “di macchia”, Schingo aveva subito gli influssi dell’impressionismo, insegnato dai suoi Maestri, tanto che la sua pittura fu spesso accomunato al neoimpressionista Maurice Utrillo. Entrambi non furono tuttavia insensibili alle avanguardie artistiche che avevano rotto con la tradizione ottocentesca, ma non ne condivisero le soluzioni estreme di abbandono di ogni riferimento figurativo. Perciò l’esigenza di ricostruzione della forma emersa dopo la I Guerra mondiale e la rinnovata attenzione alla tradizione classica li trovò recettivi, anche se con l’originalità dei propri temperamenti. Un “ritorno all’ordine” che sfocerà tra il 1930 e il 1940 se non in una vera e propria arte di Stato in strutture organizzative territoriali per la promozione e diffusione delle arti: “innumerevoli mostre sindacali provinciali, regionali, nazionali…dovevano costituire la base per le grandi esposizioni a carattere nazionale promosse a partire dal 1931 dal nuovo organismo della Quadriennale di Roma” (E.Bairati-A.Finocchi). Schingo  partecipa alla I Quadriennale di Roma con Giornata di gara e nel 1933 partecipa a Firenze alla I Mostra nazionale dei Sindacati fascisti di Belle Arti. La I Mostra d’arte del Sindacato provinciale fascista Belle Arti di Foggia si tiene nel 1937. Schingo ne è l’organizzatore ed il presidente della Commissione di accettazione, di cui fa parte l’altro sanseverese, Ferruccio Gervasio, mentre Alfredo Petrucci firma la Prefazione del Catalogo. Tra gli artisti che vi partecipano, presenti in questa Galleria, oltre allo stesso Schingo e a Petrucci, i pittori Giuseppe Ar, Benedetto Caldara, Giovanni Mancini, Ferruccio Gervasio e lo scultore Salvatore Postiglione. Alcuni di questi, con l’aggiunta di Alberto Testi e Francesco Grilli, parteciperanno anche alla Seconda (1938) e alla Terza(1941) edizione della Mostra. C’è da dire tuttavia che l’attività artistica in Capitanata tra le due  guerre fu vitale al di là e già prima dell’inquadramento sindacale degli artisti. A Foggia proseguirono infatti le mostre dei lavori degli alunni dell’Istituto Moderno di Arti Belle e Industriali “Nicola Parisi” fondato prima della Grande Guerra da Gustavo Valentini, e si tennero, nel 1922 e nel 1928, due importanti Mostre provinciali di Belle arti e arte applicata che videro anche la partecipazione di Francesco Galante e (nel 1922) del sedicenne Alberto Amorico, oltre che degli artisti che ritroveremo poi a partecipare alle mostre sindacali degli anni Trenta. Di Luigi Schingo è possibile ammirare in questa sala cinque opere, tra oli e pastelli: tre paesaggi e due “Processioni”. Tra i paesaggi, un pastello famoso del 1925: una veduta delle Isole Tremiti dalla costa garganica.Una composizione costruita con equilibrio compositivo e con una efficacia cromatica da cui traluce l’atmosfera poetica tipica dei lavori di Schingo. Significativa anche la Processione della Madonna del Soccorso, col suo tripudio di fede e di  colori, espressione della convinta adesione di Schingo ai valori della tradizione religiosa.

Degli artisti che partecipavano alle rassegne sindacali nel periodo tra le due guerre o alle varie mostre sociali, non vi erano però soltanto pittori. C’erano anche scultori. Tra questi, vi era Salvatore Postiglione(San Severo, 1905 – Foggia, 1996), di cui la Provincia possiede un nutrito numero di opere. Le sculture di minori dimensioni è possibile ammirarle in questa sala. Sono state realizzate tutte negli anni Trenta e Quaranta del Novecento. La testa di bimbo in marmo, “Enzo”, dovrebbe infatti essere coeva al bronzo dello stesso titolo realizzato nel 1939, mentre del 1948 è la testina in bronzo intitolata “Mariolina”. Dell’anno successivo è Ragazza, una testa di giovinetta imbronciata, dagli occhi profondi e con i capelli alla maschietta, scolpita nella pietra di Apricena, “dalla sostanza tanto amorosamente curata da apparire al profano, avorio” (Carlo Gentile). Un ritratto più volte riproposto in bronzo, nel corso degli anni, con lievi modifiche nelle acconciature dei capelli (Contadina dauna, 1967, nel Museo civico di Foggia;Ragazza, 1974).La capacità di Postiglione di superare il classicismo attraverso lo studio del volto, si rivela anche in molti ritratti “onorari” che è possibile ammirare in vari ambienti di Palazzo Dogana, come il citato Giuseppe Rosati e che testimoniano la grande maestria, soprattutto di ritrattista, dell’artista, il quale studiò a Napoli con Vincenzo Migliaro, Giuseppe Aprea e Guido Calori, avendo anche contatti informativi con Achille D’Orsi e Adolfo Wildt. 

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