Galleria Provinciale d'Arte Moderna e
Contemporanea
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Ar,
Giuseppe |
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Interno di un’umile abitazione. Una giovane donna,
seduta su una sedia impagliata è colta di profilo mentre è curva sulla
spianatoia a impastare la farina e a tirare orecchiette. La spianatoia
– il “tavoliere” – è collocata su due vecchie sedie che fungono da
cavalletti. Tutto è in penombra. Solo la spianatoia è collocata in
modo da ricevere lo spicchio di luce che proviene dall’esterno, dalla
finestrella della porta d’ingresso. L’abitazione è di un gradino sotto
il livello stradale. Ed è la stessa ambientazione di tante opere di Ar,
poeta delle cose umili e dell’umile lavoro domestico. Sul lato destro,
lo scorcio di una credenza riquadra la scena, il cui spazio, angusto,
è costruito principalmente dalle tre sedie, nel cui triangolo ideale è
collocata la donna. Come nella gran parte delle opere di Ar, anche qui
tutto è giocato sul rapporto interno/esterno e sul controluce che ne
deriva. Il pittore guarda la scena dall’interno ed è la luce che si
diffonde tiepida dall’esterno a disegnare, sfumandoli, i profili degli
oggetti e della figura, mentre tutto è in penombra, tranne brevi
tratti dove con più forza la luce penetra: lo stipite rischiarato e la
spianatoia. La luce annulla anche ogni rapporto con l’esterno. Le due
finestre della porta sono infatti quasi bianche ed abbagliano, non
lasciando intravedere nulla al di fuori. Questo accentua il senso
d’isolamento e d’intimismo della scena. L’atmosfera è crepuscolare.
L’artista vede le cose come se avesse di fronte la luce, e quindi le
vede abbacinato, con i contorni poco netti. Il profilo della donna
diventa così più morbido e dolce, come ogni cosa che è nella casa. Il
centro del quadro è costituito dalle mani della donna, verso cui
conducono tutte le linee prospettiche. Tutto è costruito per esaltare
quel gesto, il lavoro e l’operosità di una casalinga. Il quadro
ricorda altri dipinti di Giuseppe Ar: Lavoro sereno (esposto
al Maggio di Bari nel 1951), Il tagliere la farina, del 1949 e
Lo staccio, sempre del 1949. In quest’ultimo dipinto c’è la
spianatoia su due sedie davanti alla stessa porta con le finestrelle
spalancate, ma manca la massaia. Si fa per dire, perché la terza sedia
appena spostata indica che si è allontanata da poco. L’opera di Ar di
proprietà della Provincia di Foggia non è datata, ma riteniamo possa
annoverarsi tra quelle dipinte dal Maestro all’inizio degli anni
Quaranta, quando i suoi lavori perdono ulteriormente di nitidezza
perché la luce diventa un pulviscolo bianco dorato che tutto armonizza
e imbeve. La prima esposizione dell’opera, infatti, secondo quanto
riferisce P.E.Trastulli (P.E. Trastulli, A cura di, Giuseppe Ar,
Lucera, Museo Civico “G.Fiorelli”, 1998, p.12) è del 1943. L’opera è
variamente denominata: Massaia o Donna al tagliere. Qui
è denominata Donna alla spianatoia. (G.Cris.) |
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