La pittura di Michele Saggese – che si è sempre autodefinito un “realista
sociale” - è ancorata all’arte di denuncia di molti artisti europei del
Novecento, come Grozs, per esempio. Pochi, come Saggese, hanno saputo leggere
nella realtà della provincia meridionale, con analisi spietata e amara, a volte
con un velo d’ironia, ma sempre con passione civile, il disagio giovanile, la
condizione mortificante della donna, la devianza e il disfacimento del mondo
piccolo borghese. Questo dipinto, con tre giovani accovacciati sul marciapiedi,
stretti l’un l’altro, con i resti di un pasto di morte, droga, alcool, fumo, è
una sorta di ecce homo che grida in faccia a tutti la tragica disperazione di
vite costrette ai margini della società. Uno di quei giovani, nel suo abbandono,
ha lo sguardo rivolto verso l’alto, come un Christus patiens che rimprovera il
Padre Suo. Una scena “ordinaria” delle nostre città inospitali realizzata da
Saggese con una linea marcata, incisiva e sofferta e con colori freddi corrosi
“che sembrano assorbire essi stessi la macerazione dei personaggi”. L’opera, una
delle più significative dell’artista, è stata realizzata molto probabilmente nel
1980, data di esecuzione di altri dipinti di impegno sociale con la stessa cifra
stilistica. E’ stata esposta nella “personale” tenuta da Saggese nel 1983 (5/15
novembre) presso la Galleria Provinciale d’Arte Moderna di Foggia, a Palazzo
Dogana, con catalogo a firma di Gaetano Cristino. (G.Cris.)
Esposizioni:
Foggia, 1983
Foggia,1997
Bibliografia:
G.Cristino, Saggese: la pittura come impegno sociale, in la Capitanata, Rivista
dell’Amministrazione Provinciale di Foggia, Anno II n.2 (nuova serie), Ottobre
1983/Aprile 1984. |